Il tema della ricerca è la rigenerazione urbana, quale strategia di sviluppo per il Paese e come strumento per la ripresa dalla crisi post-pandemia. Al centro si pongono gli obiettivi economico sociali che distinguono la rigenerazione dal riuso e dalla riqualificazione urbana e il potenziale che, nonostante la sua centralità nel dibattito urbanistico recente, resta ancora ampiamente inespresso. La ricerca fa leva su tre aspetti:
- ridare centralità all’attore pubblico nel governo dei processi di rigenerazione, quale soggetto capace di veicolare progettualità e orientare le iniziative dei privati;
- ripensare la rigenerazione a partire dalla città pubblica intesa come spazio e come residenzialità;
- recuperare il carattere sistemico del progetto urbanistico, superando le dicotomie fra centri e periferie, con il loro portato di strumenti tecnici, giuridici e regolativi settoriali e poco efficaci.
In linea con l’ob. n. 11 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, con il quarto pilastro (coesione sociale e territoriale) del NGUE e centrale nell’attuazione della missione 5 del PNRR (coesione e inclusione), la ricerca mira a costruire percorsi capaci di riorientare l’approccio alla rigenerazione urbana, con una riflessione multidisciplinare e multi-scalare che guardi alla complessità dei fatti sociali e delle relazioni che si dispiegano nello spazio fisico della città e del territorio. Essa si inserisce nell’area di intervento “Trasformazioni sociali e società dell’inclusione”, articolazioni “Disuguaglianze e inclusione” e “Strategie e strumenti per la rigenerazione urbana e il governo del territorio” del PNRR.
La proposta si articola su due livelli:
- Il primo, macro e strutturale, si articola su tre filoni:
a. ricostruzione sinottica delle matrici teoriche disciplinari e delle evoluzioni recenti;
b. costruzione di un quadro attualizzato relativo ai problemi e ai bisogni che investono la città e i suoi abitanti, con particolare riguardo alle condizioni del disagio;
c. elaborazione di scenari evolutivi relativi alle dimensioni e alle forme del disagio urbano e abitativo in un quadro post-pandemico. Infine, si persegue la definizione di un set di principi che funga da cornice per gli asset regolativi di pratiche di rigenerazione meglio ancorate a un quadro profondamente mutato rispetto al passato.
- Il secondo, strategico e tattico, ambisce a riorientare le pratiche di rigenerazione, valorizzandone le potenzialità inesplorate e introducendo elementi congruenti con le domande emergenti. La revisione dei paradigmi teorico-empirici sottesi alla consuetudine si baserà sulla ricognizione critica delle più efficaci esperienze attuate in Europa. L’obiettivo finale è offrire un set di strumenti teorico pratici e regolativi utili alle amministrazioni e un sistema continuo di interazioni con i diversi attori del territorio, basate sulla reciprocità dell’apprendimento, sia nelle fasi dinamiche della ricerca che in quelle di disseminazione dei risultati.
IL PROGETTO E LE UNITÀ DI RICERCA
La ricchezza del dibattito pluri-disciplinare intorno alla rigenerazione urbana rischia di essere vanificato da iniziative e pratiche soggette a due effetti: renderla un concetto abusato o ridotto a petizione di principio, anche per legittimare misure che a essa richiamano solo formalmente; ridurla a interventi settoriali, che ne sviliscono il ruolo e il contributo all’affermazione di un nuovo progetto, non solo fisico, ma anche sociale, politico e culturale di città. La ragione – e al tempo stesso l’obiettivo – della ricerca è costruire percorsi capaci di (ri)orientare l’approccio alla rigenerazione urbana, superando la dimensione settoriale e proponendo un’indagine non solo multidisciplinare ma anche multi-scalare, che guarda alla complessità dei fatti sociali e delle relazioni che si dispiegano nello spazio fisico della città e del territorio. Avanti a un approccio pubblico spesso proiettato soprattutto verso la gestione più efficiente possibile della contingenza, la ricerca mira a restituire uno scenario progettuale per il medio – lungo termine e a offrire i pattern con i quali attuarlo, per contribuire a politiche e pratiche pubbliche per i temi della città e del territorio. La rigenerazione urbana è uno degli assi portanti della missione n. 5 “coesione e inclusione” del PNRR, che ha a sua volta un ruolo centrale nella realizzazione degli obiettivi trasversali del piano, cioè il sostegno all’empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere, l’incremento delle prospettive occupazionali dei giovani, il riequilibrio territoriale e lo sviluppo del Mezzogiorno e delle aree interne.
Le attività progettuali si inseriscono nella componente n. 2.2 “rigenerazione urbana e housing sociale”, offrendo strumenti teorici e pratici in grado di guidare i soggetti pubblici nella sua attuazione, con l’obiettivo ulteriore di elaborare strategie e strumenti i cui impatti attesi superino però la dimensione di breve medio termine del PNRR. Le proposte sono articolate su due livelli. Il primo, macro e strutturale, si snoda su tre filoni: a. ricostruzione sinottica delle matrici teoriche disciplinari e delle evoluzioni recenti; b. costruzione di un quadro attualizzato relativo ai problemi e fabbisogni che investono la città e i suoi abitanti, con particolare riguardo alle condizioni del disagio; c. elaborazione di scenari evolutivi relativi alle dimensioni e alle forme del disagio urbano e abitativo in un quadro post-pandemico. In questa fase saranno esaminate, per aree tematiche, le misure che a diversi livelli (Stato Regione- Comuni), caratterizzano le politiche di rigenerazione urbana in Italia. L’obiettivo è verificare se quell’apparato normativo sia stato realmente coerente con gli obiettivi e i principi generali da cui muoveva (equità e giustizia sociale; tutela solidaristica per i ceti più disagiati; tutela e conservazione del patrimonio storico culturale ambientale; funzione sociale della proprietà e dell’impresa) per esaminare:- cosa di quegli apparati normativo-regolativi sia ancora valido, cosa deve essere rivisto, cosa va assolutamente corretto;- quali altri strumenti (nuovi o recuperati dalla tradizione) possono essere proposti per rendere le politiche più coerenti con in principi-valori fondamentali, sia alla luce degli insuccessi sia di fronte al quadro profondamente mutato sotto il profilo degli effetti sociali della crisi (con particolare attenzione alla crisi pandemica). Oltre a costituire e attualizzare il quadro conoscitivo di sfondo, l’obiettivo è rafforzare le competenze strategiche, tecniche, progettuali (anche nella gestione delle procedure amministrative) soprattutto delle pubbliche amministrazioni, spesso vero punto critico dell’effettività di molti dei programmi di rigenerazione avviati nel nostro Paese. Infine si persegue la definizione di un set di principi che funga da cornice per gli asset regolativi di pratiche e azioni di rigenerazione meglio ancorate a un quadro di fondo profondamente mutato rispetto al passato. Ciò in linea con le riforme settoriali attese per la missione 5, componente n. 2 e con le priorità di ricerca e gli impatti attesi dall’articolazione 12 dell’area 5.2.5 del PNR. Il secondo momento della ricerca impegna le diverse unità in ambiti specifici, che rappresentano il potenziale inespresso della rigenerazione, sviluppandone le dimensioni economica, sociale e ambientale che, anche nell’ambito degli interventi di ripresa e resilienza, rischiano di avere un ruolo secondario rispetto alla valorizzazione di aspetti legati alla dimensione immobiliare edilizia e ai profili collegati (efficientamento energetico, riqualificazione fisica degli edifici). A tal fine, i contributi delle Unità di Perugia, di Campania-Vanvitelli e di Sassari si focalizzano sui temi della città pubblica e dello spazio pubblico, non soltanto come dotazioni quantitative necessarie a garantire i fondamentali diritti di cittadinanza, ma anche in chiave di prestazioni e di servizi.
L’Unità di Bari declinerà i temi dell’abitare e del ruolo di integrazione ed inclusione sociale degli spazi e delle attrezzature pubbliche a una scala metropolitana, in particolare al reticolo dei centri medi e piccoli che formano la struttura dell’area metropolitana. Dalle aree di margine, in particolare quelle colpite da calamità naturali, parte anche la ricerca dell’Unità dell’Aquila, analizzando come esse reagiscano a shock esogeni imprevisti e imprevedibili (ad esempio i terremoti) in termini di spopolamento e flussi migratori e come su di essi possa incidere la rigenerazione. I lavori delle Unità sono collegati dallo stesso filo conduttore: la riduzione dei differenziali di dotazioni, lavorando sulla rigenerazione della città pubblica, non solo crea condizioni di maggiore coesione economica e sociale nelle aree urbane ma attenua i fenomeni di spopolamento e abbandono delle aree di margine, creando le condizioni effettive per riabitare tali aree, oltre la sola dimensione attrattivo – turistica. Per queste ragioni, le Unità lavoreranno in maniera coordinata per entrambe le parti della ricerca che saranno svolte in modalità quanto più possibile sincrona; dal punto di vista organizzativo, alla prima parte verrà dedicato principalmente il primo anno di ricerca; il secondo anno, le Unità svilupperanno il loro programma, continuando però a incrementare, affinare, integrare i risultati raggiunti nel primo step.
L’Unità di Perugia (composta da giuristi e urbanisti) focalizza la sua attività di ricerca su temi e problemi, forme e strumenti, capaci di assicurare maggior rilievo alla questione della casa nei processi di rigenerazione urbana. Nelle misure nazionali, regionali o locali per la rigenerazione, la questione abitativa è rimasta sullo sfondo, declinata in termini di riqualificazione dell’esistente o di standard (quantitativi e prestazionali) come limiti alla rendita privata o come condizione per la sua valorizzazione. La sostenibilità dell’abitare è stata interpretata prevalentemente in chiave di innovazione tecnologica – energetica delle abitazioni, senza una più complessiva riflessione su come le scelte sulle politiche abitative possano garantire le possibilità delle generazioni future. Questi profili rischiano di essere prevalenti anche nell’attuazione della missione 5 del PNRR, in particolare l’investimento 2.3 “Programma innovativo della qualità dell’abitare” La rigenerazione urbana può essere uno strumento per “riabitare”, intesa cioè come volano per riattivare e valorizzare patrimoni dormienti, pubblici e privati, e garantire il diritto all’abitare. Essa può inoltre contribuire al ritorno di una politica dell’“abitare pubblico” idonea a rispondere ai bisogni differenziati di soggetti non più in grado di accedere al mercato, a partire da coloro che si trovano nella fascia di “povertà relativa” o con redditi medio – bassi, quota di dimensioni già rilevanti e destinata a espandersi all’indomani del palesarsi degli effetti della crisi pandemica e sulla soglia di una crisi energetica dovuta a eventi geopolitici in atto. La ricerca partirà da un’indagine giuridica urbanistica sulle nuove forme del disagio sociale/abitativo; metodologicamente si avvarrà di strumenti e tecniche di analisi quali – quantitativa esplorativa (analisi multivariata) e di osservazione partecipante. Saranno altresì evidenziati gli strumenti giuridici e i casi pratici (nazionali ed europei) sulla tutela processuale del diritto all’abitare, con un focus particolare sulle morosità incolpevoli e sugli abusi di necessità. L’analisi è prodromica per definire l’ambito di intervento delle politiche per la casa, da quelle edilizie fino a quelle fiscali /tributarie. A fronte di un forte investimento in rigenerazione privata (anche per le aspettative in termini fiscali ad essa legate), si è assistito al disinvestimento sul patrimonio pubblico cui si collega, da un lato, l’inutilizzo e l’abbandono di patrimoni destinati ad abitazioni, dall’altro la loro dismissione. Le iniziative legislative (nazionali e regionali) concentrate prevalentemente sull’edilizia sociale (a partire dal Piano casa, d.l.112/2008), si sono spesso tradotte in grandi operazioni immobiliari dalle quali sono esclusi i soggetti non in grado di rispondere alle offerte del mercato. Visti anche gli obiettivi indicati dal PNRR, occorre indagare su come l’impegno per l’edilizia residenziale pubblica possa tornare protagonista dell’agenda economica – amministrativa del nostro Paese, riconsiderando altresì il ruolo dei soggetti territoriali per essa competenti. A tal fine, ci sarà un’indagine conoscitiva e valutativa delle forme di edilizia sociale, affidata all’analisi empirica di esperienze locali e nazionali. Specifica attenzione sarà dedicata al ruolo delle Aziende territoriali e agli IACP (o enti analoghi, diversamente denominati) come soggetti giuridici della rigenerazione. Saranno inoltre indagate le nuove forme dell’abitare (ad es: coabitazione, auto costruzione, co-gestione), per la loro capacità di mutare le forme dell’abitare pubblico e garantirne in molti casi la sopravvivenza ma anche come nuove forme di partecipazione e modalità di fruizione di servizi pubblici essenziali; sempre a tal fine, la ricerca si soffermerà sullo spazio pubblico come estensione dell’abitare privato, da sottrarre agli spazi di appropriazione individuale per restituire all’abitare una dimensione ulteriore rispetto alla mera fruizione dell’alloggio (si pensi alle esperienze partecipative legate al concetto di beni comuni). Le trasformazioni della città e la perdita di funzioni di alcuni dei suoi luoghi hanno favorito la creazione di “scarti urbani”, caratterizzati da elevati gradi di marginalità.
L’Unità di Sassari (composta da docenti in composizione architettonica – urbana) focalizza la propria indagine su di essi e sulla loro “ri-abitazione”, mediante processi di ri- territorializzazione, espressione con la quale si indica la produzione di nuove attribuzioni di senso (di tipo culturale, economico, affettivo, politico). La ri-territorializzazione mira non solo a una riorganizzazione spaziale, ma si associa a interventi di ri-significazione dei contenuti della città, finalizzati a un miglioramento della qualità della vita, in relazione alle aspirazioni degli abitanti, in un orizzonte a lungo termine. Il campo d’azione è esteso a un territorio più ampio rispetto ai luoghi definiti periferici secondo i criteri consueti, per ricomprendere anche gli elementi ambientali di prossimità, fondamentali per la sostenibilità urbana, di alto valore biologico e custodi della biodiversità ma ormai incamerati nell’ambito urbano. Un esempio è offerto dai frammenti residuali di tessuti fondiari agricoli o dagli spazi residuali di attività dismesse che resistono imbrigliati nelle maglie dei sopraggiunti tessuti insediativi. L’obiettivo è intercettare questi spazi che, sostanziati di nuovi significati e resi permeabili a nuove relazioni, costituiscano frames integrati di medio -lungo periodo e che si sviluppano a partire dalle aree residuali del margine urbano. Ricordava infatti B. Secchi che “occorre immaginare interventi che completino il frame, lentamente modificandolo, … sino a costruire nuovo spazio abitabile”.
Riportando al centro dell’attenzione lo spazio pubblico, la rigenerazione restituisce centralità alla questione del “verde”, superando la dimensione solo quantitativa degli standard urbanistici per qualificarsi come strumento essenziale ai fini del raggiungimento di diversi obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG 3, 11 e 13 – salute e benessere; città sostenibili e resilienti, lotta al cambiamento climatico). In questa prospettiva, l’Unità Campania Vanvitelli (composta da giuristi, urbanisti, economisti e progettisti) si propone di ripartire da una rinnovata interpretazione delle dotazioni di verde in ambito urbano, i c.d. standard urbanistici, per superarne l’attuale logica frammentaria e quantitativa a favore di un sistema di infrastrutture verdi, i cui obiettivi prioritari sono la conservazione e l’incremento della molteplicità di servizi che tali aree possono offrire, da quelli connessi alla fruizione, a quelli connessi alla produzione alimentare, alla regolazione microclimatica e al drenaggio delle acque. L’attività di ricerca è in linea con il ruolo che il PNRR affida al “verde” in chiave di rigenerazione e resilienza urbana, sia per realizzare la Missione 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica) contribuendo all’attuazione degli investimenti in infrastrutture verdi della Componente 4 ma anche per garantire gli obiettivi di coesione sociale per i quali la missione 5 riconosce allo spazio verde un funzione essenziale. La ricerca prenderà le mosse dall’analisi del quadro normativo europeo e nazionale, a partire dalla Strategia Europea per le Infrastrutture Verdi, adottata dalla Commissione Europea nel 2013, alla l. 10/2013 (contenente le norme di riferimento per lo sviluppo degli spazi verdi urbani), unitamente all’esame delle “Linee guida per la gestione del verde urbano prime indicazioni per una pianificazione sostenibile”, approvate dal Ministero dell’ambiente nel 2017, il cui interesse principale riposa nella introduzione di indicatori per un governo del verde di qualità. A essa è complementare l’analisi empirica delle numerose buone pratiche di alcuni contesti urbani europei (italiani e non), che consentirà di evidenziare il ruolo fondamentale delle infrastrutture verdi – reti pianificate di spazi verdi a funzioni multiple – nel promuovere “città rigenerative” (Girardet, 2010), in grado cioè non solo di ridurre gli impatti delle attività antropiche sulle risorse naturali, ma di stabilire relazioni riparative tra città e sistemi naturali, promuovendo azioni di miglioramento/ricostituzione di tali sistemi. La ricerca punta a dimostrare come la creazione di infrastrutture verdi sia in grado di accrescere il capitale naturale nelle aree urbane centrali e di riconnetterlo con gli spazi frammentati del periurbano (aree agricole interstiziali, aree inutilizzate, spazi residuali delle aree industriali, ecc.), che rappresenta una delle priorità per migliorare la qualità della vita delle persone e accrescere la resilienza urbana ai sempre più frequenti impatti del cambiamento climatico. A tal fine si concentrerà sull’analisi delle barriere all’implementazione delle infrastrutture verdi, con riferimento a casi studio selezionati e mediante il coinvolgimento di attori istituzionali e comunità locali, esaminerà le forme anche innovative per la loro realizzazione (ad es: deplaving), puntando altresì a definire gli strumenti tecnico-normativi per la loro implementazione. Parte integrante della ricerca sarà l’analisi economica degli interventi, a partire dall’elaborazione dei criteri per la loro fattibilità fino ad arrivare allo studio delle forme di finanziamento.
L’Unità di Bari (composta da sociologi urbani) declinerà i temi trattati dalle altre unità di ricerca quello dell’abitare e del ruolo di integrazione ed inclusione sociale degli spazi e delle attrezzature pubbliche – a una scala metropolitana (a partire dal case study di Bari). Il campo principale di indagine non sarà però la città centrale ma il reticolo dei centri medi e piccoli che formano la struttura dell’area metropolitana. In particolar modo l’attenzione sarà rivolta a quell’area di non univoca definizione che viene differentemente denominata come periurbana o ‘urban fringe’ e che rientra nelle prospettive ideali di un nuovo spazio urbano policentrico che comprende anche la campagna – identificato ad esempio nell’idea di “città infinita” di Renzo Piano. Questa zona di transizione non è un’area discreta ma un territorio diffuso identificato da una combinazione di caratteristiche e fenomeni che la rendono ancora poco definita anche sotto il profilo del disagio insediativo, concetto che connota per lo più il contesto delle città di grandi dimensioni o i piccoli centri delle aree interne focalizzando di conseguenza gli interessi dell’agenda politica e della ricerca scientifica. Proprio però nel periurbano il disagio insediativo manifesta caratteri non ancora adeguatamente classificati e quantificati. Si pensi al fenomeno dell’homelessness nelle aree rurali, alla concentrazione solo nelle città capoluogo dei servizi di welfare dedicati, oppure alle esigenze di mobilità delle famiglie c.d. multispaziali (“multispatial household”) che abitano prevalentemente nel periurbano e in genere nella città diffusa. Non a caso, proprio dagli abitanti di queste aree intermedie e per questi motivi stanno da qualche anno nascendo dei movimenti sociali anche conflittuali (ad esempio, i movimenti di pendolari o quello dei Gilet Jeunes in Francia). A ciò si aggiunge l’anomalia, poco affrontata ma da considerare, della presenza in molte realtà metropolitane di piccoli centri e borghi, oltre che di grandi e medi centri urbani, che rientrano in quell’orientamento strategico, seppur intermittente, delle politiche del Ministero della Coesione territoriale finalizzato alla ricucitura di tali aree interne con quelle urbane pianeggianti e costiere. Per questi piccoli centri urbani si è creato un doppio registro della rigenerazione con l’attivazione di differenti strategie strutturali place-based , dalla “Strategia nazionale per le aree interne” varata nel 2014 e la legge Salva Borghi del 2017 che interessa i piccoli centri fino a 5.000 abitanti fino al Piano nazionale per la rigenerazione e la qualità dell’abitare nelle città con popolazione maggiore di 60.000 abitanti (si pensi all’area metropolitana di Genova nella quale 50 dei 67 comuni che ne fanno parte hanno meno di 5000 abitanti e 19 di questi 50 meno di mille). Indicare per i piccoli comuni una rigenerazione indirizzata esclusivamente ai loro centri storici, alle loro economie ritagliate prioritariamente sull’artigianato e sulle risorse enogastronomiche e individuando nel turismo sostenibile la prospettiva principale di sviluppo e, invece, pianificare una rigenerazione orientata al cosmopolitismo e alla attivazione di energie creative per le città più grandi e complesse potrebbe non rispecchiare adeguatamente la realtà dei contesti. Questa difficoltà emerge anche dal PNRR che ripete tale separazione di strategie: con la Missione 1, componente 3 “turismo e cultura 4.0” punta a “Rigenerare i borghi attraverso la promozione della partecipazione alla cultura, il rilancio del turismo sostenibile e della tutela e la valorizzazione dei parchi e giardini storici”, riservando invece a tali aree un ruolo di margine negli investimenti per la coesione di cui alla Missione 5. Occorre una dimensione integrata della rigenerazione, che non si traduce in omologazione e uniformità di strumenti ma che rinunci a una dicotomica lettura fra “sviluppo locale” e “rigenerazione urbana”, a favore di parametri nuovi e più aderenti alla complessità delle criticità evidenziate. L’Unità di Bari indirizza l’indagine su questi aspetti della rigenerazione, mediante a) l’analisi di contesti territoriali selezionati in modo da comprendere il capoluogo dell’area metropolitana e le aree periferiche e ultra-periferiche di questa, relativamente alle ibridazioni funzionali, demografiche e culturali/stili di vita tra ambiti urbani ed extra-urbani; b) la mappatura e analisi delle esperienze di rigenerazione urbana e locale sviluppatisi nell’area selezionata, anche attraverso il significato che le diverse componenti delle comunità hanno attribuito al termine e al processo di rigenerazione; c) l’analisi del ruolo e delle strategie delle principali categorie pubbliche e private di attori dei processi di rigenerazione, con particolare attenzione alla disponibilità dei responsabili delle imprese innovative a investire nella rigenerazione del territorio.
Nell’indagare come la rigenerazione urbana possa essere un antidoto agli effetti della metropolizzazione, l’Unità dell’Aquila (composta da economisti e giuristi) assume come campo di indagine le aree interne colpite da calamità naturali, analizzando come esse reagiscano a shock esogeni imprevisti e imprevedibili (ad esempio i terremoti) in termini di spopolamento e flussi migratori, fattori estremamente collegati ai processi di rigenerazione economica e sociale. La letteratura teorica ed empirica fornisce risposte non univoche: da un lato, infatti, l’emigrazione e lo spopolamento possono rappresentare gli ovvi meccanismi di aggiustamento di fronte a questi shock negativi, dall’altro i disastri naturali possono frenare l’emigrazione (a causa dell’emergere di vincoli di liquidità) o, al contrario, generare flussi finanziari e nuove opportunità economiche nelle aree interne colpite, incentivando flussi di immigrazione e ripopolamento. Attraverso l’uso di metodologie difference-in-difference applicate a dati comunali italiani sui flussi di migrazione interna e internazionale, l’Unità si propone di valutare l’impatto dei disastri naturali sui flussi migratori interni e internazionali nel corso degli ultimi decenni, nell’ambito di una più generale analisi delle dinamiche demografiche delle aree interne in Italia. Questa analisi offre un contributo sugli effetti delle calamità naturali, sulle dinamiche migratorie in Italia e su come esse possano condizionare ed essere condizionate dalle misure di rigenerazione. Metodologicamente, il progetto, per ciascuna delle parti sviluppate, mira a definire un quadro teorico-empirico analitico, mediante l’analisi di casi ed esperienze concrete a scala locale ma che, considerata la diversa collocazione territoriale delle Unità, coprono buona parte del territorio nazionale. L’obiettivo è elaborare modelli meta-progettuali e regolatori in grado di accrescere la consapevolezza delle possibilità e la capacità progettuale delle amministrazioni e degli altri attori della rigenerazione, puntando a diffondere un approccio culturale e pratiche operative diversi da quello finora praticati. Sia per la novità del metodo che per i risultati attesi, è necessario formare ricercatori che seguano lo sviluppo del progetto fin dalle sue prime fasi, grazie all’attivazione di un assegno di ricerca per ogni unità. Il progetto punta a una fase di disseminazione degli esiti della ricerca che metta in comunicazione la comunità scientifica e i diversi interlocutori, prima di tutto istituzionali. Le azioni di public engagement saranno centrali per instaurare relazioni stabili di ascolto, dialogo e collaborazione tra i ricercatori, i cittadini, le istituzioni, le imprese e i principali attori del territorio. L’obiettivo è creare un sistema aggiornato, di confronto e di scambio di esperienze attraverso workshop operativi, anche di confronto e di apprendimento, nell’obiettivo di una work in progress review della ricerca e del suo stato di avanzamento. Anche grazie a tale attività, sarà sviluppato un network con interlocutori esperti stranieri, con i quali confrontarsi nello svolgimento della ricerca, in termini di revisione e miglioramento degli esiti progressivamente raggiunti, anche con attività sia di incoming che di outcoming dei membri delle unità. I risultati raggiunti consentiranno di valorizzare e rendere competitivo il gruppo di ricerca anche in prospettiva internazionale, per la partecipazione a progetti europei. La conoscibilità continua della ricerca e dei suoi risultati è assicurata attraverso un sito internet; la pubblicazione dei risultati è affidata a e-book fruibili open access. La diffusione su riviste specialistiche mirerà a prediligere quelle open access. E’ prevista inoltre la costituzione di un canale video alimentato dai seminari, incontri, dibattiti, presentazioni dei casi studio, eventuali lezioni, ecc., che verranno prodotti nell’ambito della ricerca.
COSA CI SI ASPETTA DAL PROGETTO?
Le pratiche di rigenerazione urbana rappresentano oggi la dimensione prevalente con cui vengono risolte le politiche di governo delle trasformazioni urbane. La ricchezza del dibattito sviluppatosi a partire dall’ultimo decennio ne ha fatto emergere le contraddizioni e spesso l’incapacità di riorientare le azioni pubbliche verso gli obiettivi economico–sociali che la contraddistinguono rispetto alle pratiche del riuso, del recupero e della riqualificazione. Il progetto mira a dispiegarne il potenziale ancora ampiamente inespresso, facendo leva su tre aspetti:
- ridare centralità all’attore pubblico nel governo dei processi di rigenerazione, quale soggetto proponente nuove progettualità in grado di mobilitare gli attori privati con iniziative coerenti rispetto ad assetti futuri auspicabili e condivisi;
- ripensare la rigenerazione a partire dalla città pubblica intesa sia come spazio collettivo che come patrimonio residenziale pubblico;
- recuperare il carattere sistemico del progetto urbanistico, superando le obsolete dicotomie (centro/periferia, città/hinterland, capoluogo/regione) così come il perpetuarsi di poco efficaci approcci e azioni settoriali, anche sotto il profilo degli strumenti tecnici, giuridici e regolativi.
Nel processo di uscita dalla crisi pandemica (ma ancora prima da quella del 2008) si assiste a una sostanziale marginalizzazione circa i temi del governo del territorio e la possibilità che da esso muova una alternativa di sviluppo possibile per il nostro Paese. Il progetto punta a riportare al centro la rigenerazione come strategia anche di ripresa, offrendo alle istituzioni gli strumenti per il governo di tali processi. Del resto, la rigenerazione urbana è uno degli assi portanti della missione n. 5 “coesione e inclusione” del PNNR, che ha a sua volta un ruolo centrale nella realizzazione degli obiettivi trasversali del piano, cioè il sostegno all’empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere, l’incremento delle prospettive occupazionali dei giovani, il riequilibrio territoriale e lo sviluppo del Mezzogiorno e delle aree interne. Nel dettaglio, è nella componente n. 2.2 “rigenerazione urbana e housing sociale” che sono indicate le misure per garantire la coesione e l’inclusione, valorizzando, in particolare, la dimensione sociale delle politiche urbanistiche e abitative. Le azioni sviluppate con la ricerca sono in grado di accompagnare i “protagonisti” della componente di questa missione, cioè gli enti territoriali e, in modo particolare, i comuni e le aree metropolitane, giacché è in essi che, leggendo le premesse generali sulla missione, sono più diffuse le condizioni di disagio sociale e di vulnerabilità. Gli obiettivi del Piano, come pure quelli dell’Agenda 2030 di inclusive, safe, resilient and sustainable cities, possono essere realizzati solo con una metodologia integrata e sistemica, che superi i confini basati su dicotomie oppositive e che esamini il problema e proponga le soluzioni in una dimensione di contesto. Questo approccio richiede un cambio di prospettiva anche nella ricerca, che deve farsi non solo multidisciplinare ma anche integrata. Le Unità di ricerca, nella loro composizione e anche nelle modalità di interazione descritte, riflettono questa metodologia e obiettivi. Alla luce di quanto osservato, il progetto presenta evidenti impatti scientifici, economici, sociali ed etici, nonché chiare potenzialità di implementazione, riconducibili a quattro dimensioni: conoscitiva, meta-progettuale, valutativa e regolativa. I. Conoscitiva: il progetto mira alla ricostruzione di un quadro teorico ed empirico in materia di rigenerazione urbana, analizzandone i diversi aspetti (urbanistico, sociale, economico, progettuale, giuridico), le ragioni della sua attualità anche rispetto ai bisogni e fabbisogni emergenti, le strategie sottese e le criticità dei diversi modelli di implementazione, con particolare riguardo alle forme di interazione con i soggetti istituzionali. II. Meta-progettuale: attraverso la riconsiderazione di contributi teorici e progettuali appartenenti alla tradizione disciplinare e mediante l’individuazione e l’esame di casi ed esperienze empiriche di successo, si esplorano alcuni casi significativi rispetto ai temi e ai principi ritenuti preminenti, considerandone le forme, le eventuali criticità e i caratteri di ripetibilità, con lo scopo di approntare un nuovo strumentario multidisciplinare, multiscalare e integrato, con il quale i bisogni, le istanze e le aspirazioni pregresse ed emergenti possano essere soddisfatte da nuove pratiche di rigenerazione urbana III. Valutativa: il progetto punta a verificare se le esperienze esaminate, gli strumenti giuridici amministrativi utilizzati siano coerenti con gli obiettivi e i principi generali da cui muove la rigenerazione, anche nelle modalità progettuali e procedimentali prescelte dalle amministrazioni. Rispetto al quadro analitico -empirico – regolatorio esaminato, la ricerca, grazie anche alla fase di diffusione dei risultati, ha lo scopo di veicolare alle amministrazioni la possibilità di pratiche progettuali alternative a quelle esistenti, nonché di accrescere la consapevolezza da parte dei diversi attori della rigenerazione (cittadini, associazioni, imprese) di una nuova capacità progettuale che li renda realmente interlocutori delle amministrazioni nelle scelte per il territorio. IV. Regolativa: questo aspetto del progetto è finalizzato a verificare quali siano gli apparati regolativi (tecnici e giuridici) che siano funzionali alla rigenerazione, guardando agli strumenti esistenti e verificando altresì quali siano gli aspetti tuttora carenti, sia sotto il profilo contenutistico sia come modalità di elaborazione della regolazione. Per entrambe le dimensioni, l’attività del progetto non punta tanto a proporre nuovi strumenti di pianificazione, quanto ad indagare quale sia il ruolo necessario di piani e programmi urbanistici e territoriali di riferimento per la rigenerazione, quali siano i meccanismi correttivi da introdurre nei bandi per l’allocazione delle risorse per la rigenerazione, anche in considerazione della loro provenienza maggioritaria da fondi europei. La metodologia e gli obiettivi che il progetto si propone necessitano di un processo di interlocuzione costante con la comunità scientifica nazionale e internazionale con la quale confrontarsi non solo in relazione ai risultati raggiunti ma soprattutto sullo stato di avanzamento del progetto, per avere apporti conoscitivi e revisioni critiche. Le azioni di public engagement saranno inoltre centrali per il consolidamento dei risultati della ricerca e la loro diffusione: l’impatto economico e sociale della ricerca sarà rafforzato grazie all’instaurazione di relazioni stabili di ascolto, dialogo e collaborazione tra i ricercatori, i cittadini, le istituzioni, le imprese e i principali attori del territorio mediante workshop operativi con casi studio individuati di concerto con i soggetti coinvolti, azioni di divulgazione, incontri di formazione di dipendenti pubblici e privati nonché della cittadinanza interessata. Per metodo, contenuti e impatto atteso la ricerca si inserisce pienamente nell’area di intervento 5.2.5 (trasformazioni sociali e società dell’inclusione) del PNR 2021-2027, sviluppando parte delle priorità di ricerca indicate nell’articolazione 3 e in toto quelle indicate nell’articolazione 4.








